L’intelligenza artificiale sta scuotendo non solo l’industria creativa, ma la nostra intera cultura.
Qui, salterò le questioni etiche legate all’intelligenza artificiale e mi concentrerò solo sul lato artistico del problema, comunemente definito arte dell’intelligenza artificiale.
What many worry about AI, is the end of true human creation in lieu of an automated solution.
Come molti, quando vedo immagini generate dall’IA, provo una sorta di avversione: i risultati sono troppo stilizzati, sempre riconoscibili, mediocri. Ma poi penso che, dopotutto, l’IA non è niente di nuovo.
Certo, se la confrontiamo con ciò a cui eravamo abituati solo pochi anni fa, siamo in presenza di tecnologia avanzata. Ma la maggior parte delle conversazioni guarda al problema dalla stessa angolazione: la tecnologia. Siamo fondamentalmente incapaci a questo punto di separare noi stessi, o il nostro pensiero dovrei dire, dalla stessa cultura tecnica che ci ha forgiati.
La questione non è quanto sia buona o cattiva l’intelligenza artificiale, o quanto sia capace di sostituire gli artisti, ma piuttosto come siamo arrivati a definirci artisti in primo luogo.
Ciò che vedo qui è la crisi del linguaggio: se cambiamo il significato di una parola, cambiamo il concetto.
Adesso abbiamo content creators (l’atto di scrivere un articolo o di parlare in un video), film (grafica animata utilizzata nella pubblicità di prodotti commerciali), artisti (chiunque).
Quindi, la domanda che dovremmo porci è: quando abbiamo smesso di essere fotografi, designer, illustratori, animatori e siamo diventati artisti? Li’ si cela un cambiamento fondamentale.
Essere un artista significava dedicare tutta la vita non solo a una disciplina, ma anche a un’etica, a una filosofia. Significava sfidare i cliché, gli stereotipi. Infine, significava anche essere pronti a morire per questo (alcuni sembrano ancora corrispondere a questa descrizione, ma non confondiamo un maniaco del lavoro con un artista).
Non ho mai visto il mio lavoro come una forma d’arte. Creativo? Sì, ma arte? No. Penso che siamo più artigiani che artisti. In fondo, non facciamo altro che aiutare i clienti a comunicare il loro messaggio.
Naturalmente, alcuni potrebbero sostenere che la bellezza è negli occhi di chi guarda, che se creo qualcosa che ritengo artistico, allora lo è. Questo è un ossimoro poiché se tutto può essere arte, allora niente lo è, nel senso che stiamo svalutando l’unicità della cosa stessa in quanto potenzialmente artistica. Il che significherebbe che anche l’arte dell’IA è arte.
Inoltre, pone un problema di coscienza storica, dato che s’ignora tutto il progresso che l’arte ha attraversato, i suoi principi, il suo linguaggio, i suoi conflitti interni, le sfide che tutti gli artisti prima di noi hanno dovuto superare per stabilire il nuovo.
Il principio ingenuo secondo cui se l’osservatore considera qualcosa bello, allora è arte, ha pervaso la mentalità del profano. Stabilire cosa è arte e cosa non lo è, non è un compito facile, nonostante vorremmo che lo fosse. Ma questo non significa che possa essere qualunque cosa io voglia che sia senza impregnare il mio atto di profondo significato, concetto, intento, ignorando il passato (chi non riesce a ricordare il passato è condannato a ripeterlo — George Santayana).
Infine, l’arte non è qualcosa di bello a priori. Infatti, può essere semplicemente brutta.
Serra: “Non credo che la funzione dell’arte sia quella di piacere… L’arte non è democratica. Non è per il popolo.” 1
L’arte non si esprime sotto forma di illustrazione, scultura, architettura, ecc. Di nuovo, confondiamo la tecnica (illustrazione) con l’arte perché pensiamo in termini tecnici. Infatti, persino un dipinto non è un’opera d’arte finché non c’è qualcos’altro che va oltre la rappresentazione della cosa raffigurata. È il profondo fraintendimento fra significato e significante.
È l’artista che impiega quelle tecniche per trasmettere un messaggio.
Magritte (che, contrariamente all’interpretazione comune, non era in realtà un pittore surrealista ma piuttosto un artista concettuale), dipingeva non perché fosse principalmente un pittore, ma perché quello era il mezzo principale per lui per esprimere le sue idee: “Un pittore è un bravo disegnatore, e io vedo il suo quadro. Bene, questo non può aiutarmi più di quanto non possa aiutarmi il falegname che ha fatto un buon lavoro sul suo tavolo”.
Quando sento animatori, designer lamentarsi di come l’arte dell’IA non sia altro che una presa in giro, che l’IA non sia vera arte, vorrei chiedere loro: e in che modo sei un artista?
Ma soprattutto: chi in primo luogo ha venduto l’idea che fare rendering 3D (non importa quanto bello sia) fa di te un artista? Rimani sempre un designer 3D, o un illustratore, un animatore, ecc.
La confusione è iniziata all’interno del settore stesso, abbiamo iniziato noi e ora siamo infelici di vedere i risultati di una logica distorta che si è rivoltata contro. Non è una coincidenza che confondiamo l’essere tecnicamente abili con l’essere artisti: più i risultati sono intricati o complessi, più forte è l’associazione con l’arte. Possiamo giudicare solo da un punto di vista tecnico. Non c’è da stupirsi che l’IA sembri un degno successore.
Quindi, facciamo un passo indietro. Definiamo i nostri ruoli per quello che sono, senza questa idea romanticizzata di ciò che sogniamo. Se tutti ci definissimo per quello che facciamo realmente, non ci sarebbe più arte AI, ma solo rendering AI “simili al 3D”, AI “simili all’illustrazione”, ecc. Non sarebbe più in gioco la definizione della nostra professione, ma solo il compito. E se ciò accadesse, sarebbe un po’ meno difficile spiegare che una macchina può solo replicare un compito, ma non può sostituire una professione.
Solo allora, sarei disposto a considerare se accettare l’IA come uno strumento tra gli altri che già uso.
- Non importa quanto brutto possa essere considerato il Tilted Arc, la provocazione è piuttosto profonda. Come l’ambiente urbano può influenzare i nostri sentimenti, o persino i nostri comportamenti? Quale impatto ha l’architettura sul nostro inconscio? ↩︎
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